La necessità aguzza l’ingegno

Notte invernale al rifugio Averau

 

E se vi dicessi che questa immagine è nata grazie ad un guanto nero?

Eravamo a marzo 2014 e finalmente il lungo ed incessante periodo di abbondanti nevicate iniziate a Natale e protratte fino a febbraio lasciò spazio a qualche giorno di buon tempo. Finalmente pure io ero riuscito a crearmi un ritaglio di tempo per un’uscita fotografica con due amici. Massimo e Tomas mi aspettavano al passo Giau e quando giunsi a metà pomeriggio sembrava tardi per qualsiasi tramonto lontano da posti facilmente raggiungibili. Ma foto invernali nei dintorni del passo ne avevo già molte, c’era voglia di variare. Il colpo di genio fu prendere al volo le ultime sedie della seggiovia che sale da Fedare a forcella Averau e da lì raggiungere il piccolo rifugio Nuvolau a 2575 metri di quota. Uno scenario bianco dal fascino indescrivibile si apriva sotto di noi, la neve aveva addolcito ogni asperità e il panorama ci lasciava letteralmente ipnotizzati. Per fortuna qualche temerario fringuello alpino veniva a farci visita e a riportarci alla realtà, eravamo là per scattare foto. Il tramonto fu incredibile e quando fu ora di scendere eravamo più che soddisfatti e con le schede di memoria belle piene.

Sostammo al rifugio Averau per prendere qualcosa di caldo, la notte era limpida e gelida.

Mi spiaceva non fare qualche foto nei paraggi del rifugio e iniziai così a perlustrare la zona per capire da dove sarebbe stato meglio scattare. Ma purtroppo l’abbondanza di luce artificiale era in netto contrasto con la notte buia, praticamente nera.

Posavo il treppiede e impostavo la reflex ma ottenevo solo luci bruciate o immagini fortemente sottoesposte. Un’idea poteva essere compensare la differenza di luminosità usando i filtri graduati, ma in quel momento la composizione migliore la riuscivo ad ottenere solo con il Samyang 14 mm. e su questo obiettivo non c’è la possibilità di montare le mie lastrine Lee.

Mi dispiaceva non portare a casa l’immagine che avevo in mente. Ma ecco l’idea!

Mi ricordai di aver letto alcuni articoli sul web riguardanti la “black card technique” o “tecnica del cartoncino nero”. Un modo economico ma molto artigianale che vorrebbe compensare la mancanza o il non utilizzo dei filtri GND nella fotografia di paesaggio.

Cercando su Google troverete un buon numero di articoli su questa tecnica. Eccovi un esempio in due parole: vi trovate davanti ad una scena a forte contrasto, andando a leggere i valori di luce l’esposimetro della reflex vi darà 5” per il primo piano e 2” per il cielo. Con uno o più filtri GND tutto si risolverebbe in un unico scatto, diversamente la scelta potrebbe ricadere su una doppia esposizione, ammesso poi di essere in grado di sviluppare i RAW a dovere e fare il blending in modo da avere un risultato finale realistico, il rischio delle doppie esposizioni è sempre quello di creare scene irreali. Ed ecco farsi avanti la terza possibilità: avere a portata di mano un cartoncino nero. Sicuramente dal dire al fare c’è di mezzo molta e molta pratica sul campo, ma una volta capito come fare i risultati arrivano. Tornando al nostro esempio dovrete esporre per il primo piano, quindi per 5”, ma nei primi 3” dovrete far oscillare con movimenti verticali il più vicino possibile all’ottica il cartoncino nero, andando a schermare solo la parte interessata del cielo, lasciando invece libero per i restanti due secondi. Ovvio che più lunghe sono le esposizioni e più semplice diventa operare in questo modo. I movimenti oscillatori serviranno per dare la giusta intensità e sfumatura a questa maschera artigianale. Provandoci più volte la tecnica funziona, ma c’è da perderci del tempo.

Ad ogni modo a suo tempo ci studiai sopra e fino a quel momento l’avevo conservata nel mio bagaglio di nozioni.

Quella sera mi tornò a mente e provai ad utilizzarla adattandola alla situazione. Nel caso specifico mi serviva schermare il primo piano, le luci del rifugio erano veramente troppo forti da compensare. Cartoncino nero malauguratamente non ne avevo, potrei dirvi che di solito nello zaino ne ho una buona scorta ma non ci credereste!

Però era inverno e con me non mancano mai almeno due paia di guanti, guarda caso neri. Sistemato treppiede e reflex per comporre la scena nel modo che più mi piaceva scattai alcune immagini di prova, rigorosamente bruciate.

Iniziai quindi a scattare schermando la parte bassa della lente con movimenti oscillatori della mano per i primi secondi dell’esposizione, in pratica un “CIAO CIAO” al contrario. Chiaramente ci sono voluti alcuni tentativi prima di riuscire ad ottenere quello che volevo, ma la tenacia mi ha premiato. Nonostante mi trovassi immerso nella neve e il freddo si facesse sempre più intenso, fra un click e l’altro ecco che trovato il giusto compromesso e una volta a casa un rapido sviluppo del RAW mi permise di avere l’immagine perfetta in un unico scatto. Quanti vorrebbero passare una notte in questo accogliente ed elegante rifugio alpino, immersi nel buio e nel silenzio?

Rifugio Averau, metri 2416, Dolomiti

Rifugio Averau, metri 2416, Dolomiti

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