E-bike tra primavera e inverno: avventura selvaggia in Val di Fassa

Qualche sabato fa, prima della (maledetta) pausa forzata causa schiena, ci siamo regalati un giro che ora posso solo rivivere tra immagini, video e ricordi scolpiti nella testa. Ma che giro!

Il team Girovagando in e-bike nelle Dolomiti quasi al completo

Siamo partiti in sei da Pozza di Fassa, e-bike cariche e occhi puntati verso l’alto. L’obiettivo? Raggiungere il Passo San Nicolò ed esplorare la possibilità di proseguire per la lunga cresta che sovrasta la valle. Un’idea semplice, quasi innocente. Ma le montagne, si sa, sanno sorprenderti. E metterti alla prova.

La salita verso il valico del Passo di San Nicolò è stata un regalo: sentiero perfetto, boschi svegliati dal sole primaverile, prati pieni di vita. Poco sotto il passo, la meraviglia: pulsatilla vernalis ovunque, un tappeto di fiori che sembrava dipinto.

Pulsatilla Vernalis

Poi, lo spartiacque.

Svalicando, è stato come cambiare stagione in un solo passo. Davanti a noi, sul versante della Val Contrin, un muro bianco. Inverno pieno. Neve profonda, crostosa, impraticabile. Freddo. Silenzio. La traccia scomparsa.

Poteva finire lì. Ma no. La voglia di spingerci oltre era troppo forte.

Abbiamo puntato le ruote verso sinistra, verso le rocce. Un sentiero appena accennato, affrontato l’anno prima ma mai completato. Ce lo portavamo dentro da mesi. Ora era il momento.

Man mano che salivamo, l’atmosfera cambiava. La neve tornava sotto i copertoni, il grip calava, i movimenti si facevano più cauti. Poi le nuvole. Grigio, scuro, quasi nero. Dal Sella avanzava una massa compatta, densa, viva. Sembrava venire addosso a noi. Il vento si alzava. Il freddo si faceva serio e anche i primi fiocchi di neve arrivavano a farci compagnia, una compagnia non proprio piacevole a primavera.

E-bike da spingere, sollevare, passarle da un salto all’altro aiutandoci a vicenda. Come un piccolo team d’alta quota, ognuno contava sull’altro. Mani tese, sguardi rapidi, fiato corto. Cuore che batte. Tutto dentro.

Ma la montagna parlava chiaro: non era il giorno giusto. Così, quasi in silenzio, la decisione condivisa fra tutti: giù, verso la Val Contrin. Nessuna traccia, solo linee ipotetiche tra pietre, erba, terra, radici. Sentieri battuti solo da camosci e sogni di libertà.

Ed è lì che l’adrenalina ha fatto il suo: la discesa è stata una corsa selvaggia, un flusso puro tra tecnica e istinto. Frenate al limite, passaggi stretti, curve cieche. Ma anche grida di gioia, occhi che brillano, gambe che spingono nonostante la fatica.

A valle siamo arrivati sporchi, fradici, ma vivi come mai.
Un’avventura vera. Di quelle che ti scuotono dentro. E che non dimentichi più.

Ora che sono fermo ai box, me la riguardo. Perché questo è il nostro modo di vivere la montagna: inseguendo emozioni, superando limiti, insieme.
Qui sotto trovate il video. E una piccola galleria di immagini che parlano da sole.

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